SENS
Shakespeare’s Narrative Sources: Italian Novellas and Their European Dissemination
Masuccio
Il Novellino – Novella XXXIII
Argomento.
Mariotto Sannese innamorato di Giannozza come micidiale si fugge in Alessandria, Giannoza si finge morta, et da sepoltura tolta, va a trovare l’amante, dal quale sentita la sua morte per morire anco ei ritorna a Siena, et conosciuto è preso et tagliatogli la testa. La donna no ’l trova in Alessandria, ritorna a Siena, et trova l’amante decollato, et ella sopra ’l suo corpo per dolore se more.
Allo illustrissimo signore duca de Malfi.
Novella xxxiii.
Esordio:
Quanto sono più avversi et infelici li variati casi d’amore, tanto più appassionati et suavi amanti se dee de quelli scrivendo dare notizia. Et perché ha gran tempo che ho conosciuto te illustrissimo mio Signor, non solo negli amorosi lacciuoli avvolto, ma saviamente amando prudentissimo, mi è già piaciuto de uno pietosissimo accidente de dui miseri innamorati donarti pieno avviso, acciocché con la tua accostumata prudenza et accumulatissime virtù doni giusta al tuo parere sentenza quali de essi, ogni loro effetto considerato, più ferventemente amasse. Narrazione. In questi dì da un tuo senese di autorità non picciola fu tra certe leggiadre madonne raccontato che non è già gran tempo che in Siena fu un giovane de bona famiglia, costumato et bello, Mariotto Mignanelli nominato, il quale essendo fieramente innamorato d’una leggiadra giovanetta, chiamata Giannoza, figliola d’un notabile et molto stimato cittadino et forse di casa saraceni, in presso di tempo ottenne d’essere da lei altresì ardentissimamente amato.
Et avendo più tempi pasciuti gli occhi de li soavi fiori d’amore, desiderandosi per ciascuno gustare gli suoi dolcissimi frutti, et cercate più et diverse vie et niuna cauta trovandone, la giovane, che non era meno prudente che bella, deliberò occultamente prenderlo per marito, a tale che se contrarietà de fatti il godere loro fosse interdetto, avessero avuto scuto da coprir il commesso errore.
Et per dare al fatto con opera compimento, corrotto per danari un frate augustinese mezzo, del quale occultamente contrasse detto matrimonio, et appresso da sì fatta colorata cagione pigliatase certa con non meno piacere de l’uno che dell’altro, interamente adimpìro loro bramose voglie. E avendo de tal furtivo et licito in parte amore, alquanto con felicità goduto, avvenne che loro prava et inimica fortuna per contrario tutti gli loro et presenti et aspettati desideri rivolse.
Et ciò fu che Mariotto un dì venendo a parole con uno altro orrevole cittadino. Et da parole a fatti in tanto andò la cosa che Mariotto ferì colui d’uno bastone in testa, della quale ferita fra brevi dì se morì. Pel quale Mariotto occultatose et dalla corte con diligenza cercato, et non trovatosi, dal signore et dal potestà non solo fu a perpetuo esiglio condannato ma gli fu dato bando di rubello.
Quanto et quale fosse de dui infelicissimi amanti occulti novelli sposi il supremo dolore, et lo amaro lagrimare per sì lunga et per loro creder perpetua separazione, chi fosse da sì fatte punture stato trafitto solo ne porà vero giudizio donare. Egli fu sì fier et acerbo, che all’ultima dipartenza più volte l’uno in braccio dell’altro fu per gran spazio per morto giudicato. Pur dando alcuno loco al dolore, sperando col tempo per alcuno possibile accidente lo repatriare gli sarìa concesso, de pari volere deliberò non che da Toscana, ma de Italia se absentare, et in Alessandria andarsene, ove un suo socio avea, chiamato ser Nicolò Mignianelli, uomo de gran trafico, et molto conosciuto mercatante. Et con assai moderati ordini come se avessero in tanta distanza con lettere possuti visitare, con infinite lagrime la innamorata copia se divise.
El misero Mariotto partito, et d’ogni suo secreto un suo fratello fatto consapevole, sopra ogni altra cosa caramente il pregò che d’ogni accidente della sua Giannozza particulare e continovo il facesse avisato, et con li dati ordini intrato in camino verso Alessandria se aviò, ove a convenevole tempo giunto et trovato el barba, et da lui lieto et amorevolmente recevuto, d’ogni suo passato affare il fe’ capace, el quale come a prudentissimo con ricrescimento ascoltando non tanto el caso del commesso micidio, quanto del avere a tanto parentato offeso, et conoscendo che ’l reprendere de le cose passate poco più che nulla giovava, se ingegnò con lui insieme darsene pace, et pensar col tempo d’alcuno opportuno rimedio provedere. Et postogli de suoi traffichi tra le mani, più et più tempi appresso di sé con gran passione, e quasi continovo lagrimare il sostenne, perché non era veruno mese che con più lettre non fosse, et dalla suoa Giannozza e dal fratello visitato, el che a si fiero caso et in tanta absenzia era a ciascuna delle parte mirabile satisfazione.
Et in tali termini stando la cosa, avvenne che essendo el padre de Giannozza da molti molto rechiesto, et infestato de maritarla, et con diverse colorate cagione niuna accettandone, alla fine essendo dal padre astretta a pigliare marito tale che ’l negare non averia avuto luogo, era da sì fiera battaglia la sua afflitta mente de continovo inquietata, et in maniera che la morte più che tale vivere le seria stata carissima, et oltre ciò avendo ogni speranza del ritornare del suo caro, et occulto marito trovata vana, et che ’l palesare al padre la verità del fatto nulla arìa giovato, anzi de maggiore sdegno gli sarìa stato cagione, propose con un modo non che strano ma pericoloso et crudele et forsi mai udito racontare, ponendo l’onore et la vita in periglio a tanti mancamenti sodisfare e d’animosità grande aitata, avendo al padre resposto contentarse d’ogni suo piacere subito mandò per il Religioso primo tramatore del fatto, al quale con gran cautela discoperto ciò che de fare intendeva, el rechiese che del suo aiuto le fosse favorevole.
El quale ciò sentito come et già de loro costumi alquanto ammirato, timido et lento mostrandosi, ella con la virtù e incantesimo de messer San Giovanni Boccadoro il fe’ ardito e gagliardo devenire a volere con virilità l’impresa seguir. E per la pressa che gli cacciava, el frate andò prestissimo et egli stesso come ad esperto nel mestiero compose una certa acqua con certa composizione de diverse polvere, terminata in maniera che bevuta la arebbe non solo per tre dì fatta dormire, ma de essere da ciascuno per vera morta giudicata.
Et alla donna mandata, la quale avendo primo per uno corriere aposta il suo Mariotto, de quanto fare intendeva, pienamente informato, et dal frate l’ordene de ciò se aveva da fare inteso, con gran piacere quella acqua se bee, et non doppo molto spazio gli venne un stupore sì grande che per morta cascò in terra, de che le suoe fante con grandissimi gridi, fero il vecchio padre con altre assai brigate al rumore correre, et trovata la sua unica, et da lui tanto amata, figliuola già morta, con dolore mai simile gustato, fatti venire prestissimo medici con ogni argomento da revocarla in vita, e niuno valendoli, fu da tutti tenuto per fermo ella dalla giozza et sopravenutali fusse morta.
Tutto ’l dì et la seguente notte in casa con diligenza guardatala, et niuno segno se non de morta conoscendo, et con infinito dolore dell’afflitto padre pianti et rammarichi de parenti, et de amici et generalmente de tutti senesi, con pompose esequie in uno onorevole sepulcro in santo Augustino fu il dì sequente sepolta.
La quale in su la mezzanotte fu dal venerabile frate con l’aiuto d’un suo compagno secondo il preso ordine dalla sepoltura tratta, et alla sua camera condotta, et appressandose già l’ora che ’l terminato beveraggio avea il suo corso consumato, con foco et altri necessarii provedimenti con grandissima difficultà in vita la redussero, et nel pristino sentimento retornata ivi a pochi dì travestita in frate con lo buono religioso a Porto Pisano se condussero, dove le galee d’acqua morta in Alessandria passando doveano già tocar e trovato detto passagio in ordine in quelle imbarcaro. E perché gli maritimi viaggi sogliono essere o per contrarietà di tempi, o per nove occorrenzie de mercatanzie molto più lunghi, che non vorrebbono gli vianti, avenne che le galee per diverse cagione oltre il devuto termine più mesi stettero ad armare.
Gargano, fratello de Mariotto, per continuare l’ordine dal caro fratello, lasciato subito con più et diverse lettre de mercatanti, con ricrescimento grandissimo avea il disaventurato Mariotto della improvista morte della suoa Giannozza particularmente informato, et dove et come era stata pianta, et sepelita, et como non doppo molto il vecchio e amorevole padre per gran dolore era da questa vita passato. A quali avisi essendo la adversa et noiosa fortuna assai più favorevole che al messo della dolente Giannozza non fu, e forsi per avere agli predetti amanti l’acerba et sanguinosa morte, che li sopragionse, apparecchiata, per modo tale che ’l messo de Giannozza fu su una caravella che con frumento in Alessandria andava, preso da corsali et morto.
De che Mariotto non avendo altro aviso, che quello per suo fratello, et per certissimo tenendolo, quanto de tale acerbissima nova fusse et con ragione dolente et afflitto, pensalo lectore se pietà alcuna in te regna, el suo cordoglio fu de tale qualità et natura che de non stare più in vita de tutto se dispose, al quale né persuasioni, né conforti del suo caro barba valendoli, doppo il suo lungo et amaro pianto de ritornarse a Siena per ultimo partito già prese, a tale che se la fortuna in alcuno atto gli fosse stata benivola a non fare el suo ritorno sentire et porre travestito a pie’ del sepolcro, dove egli credea la sua Giannozza essere sepolta, et quivi tanto piangere che se avessero li suoi giorni terminati, et se per disgrazia fosse stato conosciuto, giocondissimo reputava lo essere per micidiale giustiziato, pensando essere già morta colei che più che sé medesimo amava, et da lei era stato ugualmente amato.
Et in tale consiglio firmatose aspettando lo partire delle galee di veneziani per ponente sanza alcuna parola al socio dirne, in quelle saliro’ con grandissimo piacere correndo alla predestinata morte. In brevissimo tempo arrivò in Napoli, et da quindi per terra in Toscana condottose quanto più presto poté travestito in peregrino a Siena da niuno cognosciuto se ne entrò, et a uno non molto frequentato ospitale reparatosi, et sanza dare di sé alle suoe brigate alcuna notizia, a convenevole ore se ne andava alla chiesa dove la suoa Giannozza fu sepolta. Et dinanzi al suo sepulcro amaramente piangeva et volentieri se avesse possuto sarìa dentro la sepoltura intrato, a tale che con quello delicatissimo corpo, che vivendo non gli era stato concesso lo godere, morendo lo avesse col suo eternalmente accompagnato, et a quello mandare a effetto erano firmi tutti suoi pensieri. Et non restando de esser al solito dolerse e lagrimare continovo, avuti per cauta via certi ferri, et una sera al vespro occultatose dentro la chiesa, la venente notte tanto se affaticò che avea il coperchio della sepoltura sotto pontelle posto, et stando per entrare avenne che ’l sacristano andando per sonare a mattutino, sentì certo rumore, e andato a cercare quello che fusse, trovò costui a detto essercizio occupato, perché credendolo ladro che i corpi morti volesse dispogliare, gridando forte “al ladro, al ladro!” tutti gli frati vi corsero, et presolo et aperte le porte, et molti e diversi secolari intrativi, et trovato il misero amante, il quale ancora che tra vilissimi strazi fosse avolto, fu subito conosciuto essere Mariotto Mignanelli, et quivi detenuto prima che giorno fusse ne fu tutta Siena repiena. Et pervenuta la nova alla signoria, comandorno al podestà che per lui andasse, et presto ne facesse quello che le leggi et le loro costituzioni comandavano.
Et cusì preso et ligato fu menato al palagio del podestà, al quale dato della corda sanza volere molti tormenti recevere confessò puntalmente la cagione de suoa desperata venuta, el che ancora che universalmente ogn’uno ne avesse grandissima compassione, et tra le donne amaramente se ne piangesse, giudicando colui essere unico al mondo perfetto amatore, et ciascuna col proprio sangue lo avrebbe ricomparato, nondimeno fu per lo primo dì della giustizia a perdere la testa condannato, et cusì al dato termine sanza posser da amici et da parenti reparare fu mandato ad effetto.
La infelicissima Giannozza con la guida del detto frate dopo più mesi con molti et diversi travagli gionta in Alessandria in casa de ser Nicolò se condusse, allo quale data conoscenza et dettoli chi era et per quale cagione venuta, e ogn’altro suo passato accidente racontatoli, fu ad un’ora et de maraviglia et de ricrescimento repieno, et doppo che onorevolmente la ebbe recevuta et fattali come a donna revestire, et al frate dato ultimo comiato, alla disaventurata giovane disse come, et per quale disperazione per la avuta nova el suo Mariotto sanza alcuno fargline sentimento s’era partito, et come per morto egli lo avea pianto, attento che non per altro che per morir era andato.
Se ’l presente dolore grande de Giannozza passo, et con ragione tutti gli altri et suoi dell’amante per adietro avuti ogni cosa considerata, pensalo chi pensare il sa, et dee però ch’al mio parere ogni parlare ne sarebbe scarso. Revenuta dunque in sé, et col suo novello padre consigliatase, doppo più e diversi ragionamenti de calenti lagrime bagnati, deliberorno ser Nicolò et ella rattissimamente venirsene a Siena, et o morto o vivo che Mariotto trovassero con quelli remedii che da tale istrema necessità erano concessi, al meno al onore de la donna reparare, et raconciati i fatti suoi il meno male che puoté, revestita la donna in uomo, trovato buon passagio, et con prospero vento navigato, in breve tempo alli toscani liti arrivando a Piombino dismontorno, et di quindi occultamente a un podere de ser Nicolò presso Siena se condussero, et di novelle dimandando trovorno il loro Mariotto tre dì avanti essere stato decollato.
Quale acerbissima nova da loro sentita quantunque sempre per fermo l’avessero tenuto, nondimeno essendone fatti certissimi, quanto ambedui insieme et ogn’uno da per sé remanesse ismorto et afflitto, la qualità del fiero caso ne sarà giudizio, li pianti de Giannozza erano col forte chiamare oimè si ardenti che un cuore de marmo arìano commosso a pietà. Pur essendo da ser Nicolò de continovo confortata, doppo più savi et pieni de carità consigli deliberorno, de a tanta perdita solo all’onore de sì gran parentato provedere, e fare che occultamente la poveretta giovane dentro un devotissimo monasterio se rechiudesse, et quivi avesse li suoi infortunii, la morte del caro amante, con la suoa miseria insieme, fine che ’l vivere gli fosse concesso amaramente pianto. Et cusì fu con grandissima cautezza fatto, et mandato a intero effetto, ove essendo sanza dare de sé, se non a l’abbadessa, alcuna notizia, con intenso dolore et sanguinose lagrime, con poco cibo et niente dormire, il suo Mariotto de continuo chiamando in brevissimo tempo finì gli suoi miserrimi giorni. Masuccio. Assai più da passionate donne che da omini virili sarà de tanti aversi casi avuta doppia compassione, et oltra ciò unico e ferventissimo sarà da quelle l’amore de Giannozza, et più che quello de l’amante giudicato. Ma se per avventura se troverà da tale discussione alcuno che saviamente amasse, con vera ragione proverà incomparabilmente essere stato più grande et calente quello del misero Mariotto, per cagione che, posto che la giovane come a donna adoperasse cose maravegliose nell’andare a trovare l’amante, pur commossa dal credere vivo trovarlo et con lui insieme longamente godere, ma il disaventurato amante sentendola morta volse prontissimamente non per altro venire, che per perder la propria vita.
Ma lasciando ad altri tale pianto, racontarò appresso un facetissimo caso come un gelosissimo oste ancora che astuto fusse, condusse la moglie con la suoa medesima cavalla per cupidità de picciolo guadagno insino alla nave del giovane che l’amava.