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THE MYSTERY OF HAMLET – Fabrizio Arcuri, Filippo Nigro – Teatro Romano 12/07/21 21:30

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Intervista a cura di Sidia Fiorato con Fabrizio Arcuri e Filippo Nigro

THE MYSTERY OF HAMLET – Fabrizio Arcuri, Filippo Nigro 

The Mystery of Hamlet è uno spettacolo multimediale fra tradizione e innovazione. Dialoga in scena con il celebre film muto Hamlet con Asta Nielsen, diretto nel 1921 da Svend Gade e Heinz Schall, puntando alla intermedialità nella stretta interazione fra immagine, voce, corpo e suono. È una risposta al mondo multimediale e profondamente digitale in cui stiamo vivendo.  

La dimensione metateatrale caratterizza le opere shakespeariane. Questo progetto sembra riprendere le indicazioni agli attori di Amleto e la messa in scena orchestrata dal principe. Qui invece della “trappola per topi” (Mousetrap) escogitata da Amleto, il portato metateatrale si estrinseca nella continua esibizione di vari livelli performativi che coinvolgono il doppio livello della scena e dello schermo con i quali gli spettatori sono portati a confrontarsi.

Perché la scelta di Amleto? Quali sono gli aspetti della tragedia che hanno rappresentato il punto di partenza del vostro progetto? 

ARCURI: Avevo già fatto un’operazione del genere con il Castello di Vogelod di Murnau, in quell’occasione in scena c’era Claudio Santamaria e I Marlene Kuntz, e l’idea era nata proprio a seguito dell’avvenuto restauro del film e il museo del cinema di Torino ci commissionò un evento per presentarlo. Da lì iniziò quindi un pensiero sul tipo di operazione che si poteva fare sul film. La scelta della pellicola diciamo che dipende da motivi di natura formale necessari. 

Abbiamo scelto l’Amleto perché cinematograficamente è un film molto articolato e con un linguaggio già molto maturo. 

In buona sostanza è un film molto ben architettato e godibile, poco visto e tra quelli meno noti che ha comunque avuto un trattamento di restauro. 

Poi certo c’è il contenuto che in questo caso è una lettura non così insolita per l’epoca di un Amleto al femminile, un Amleto che si trascina il fardello di un segreto e che poi si ritrova a dover vendicare un padre senza averne le capacità. 

 

Perché il film con Asta Nielsen? Quali sono gli aspetti del film che hanno rappresentato il punto di partenza del vostro progetto? 

L’attrice è una diva dell’epoca e ha un carattere e un modo di porsi assolutamente moderno. 

Colpisce molto il suo recitare dentro le convenzioni dell’epoca ma al contempo in un modo assai naturale e poco sottolineato come invece era tradizione. 

Quello che tentiamo di far succedere è che grazie ad una colonna sonora costruita sulle immagini del film e una sonorizzazione di alcuni suoni concreti legati a effetti di rumoristica ambientale si sottolineano alcuni aspetti e nuclei drammaturgici del film. 

Filippo Nigro diventa invece voce narrante del film a lui va la responsabilità di restituire intenzione e interpretazione alle didascalie e ai dialoghi, quindi in qualche modo interpreta tutti i ruoli e cerca attraverso le sfumature di restituire in dinamiche e temperature. 

Un velatino frapposto tra lo schermo e la platea cattura alcuni frame del film e fa esplodere alcune scene per coinvolgere e avvolgere gli spettatori. 

A questo punto ci dovremmo trovare davanti a un film, a un concerto e a uno spettacolo teatrale che in realtà si sommano per potenziare il racconto filmico in uno strano esperimento che trasforma l’ensemble in una piccola opera e la semplice visone in una esperienza. 

Come si è relazionato con l’immagine dello schermo? Come si è relazionato con il personaggio di Amleto e l’interpretazione di Asta Nielsen? 

NIGRO: Il lavoro più che altro si articola nel Gestire la complessità dei linguaggi a favore di una resa scenica che volga alla comprensione delle tensioni del film. 

È una proposta insolita molto affascinante perché si guarda un film che però a un certo punto diventa tridimensionale e invade la scena grazie a un gioco suggestivo di rimandi su schermi e velatini, la voce dà corpo alle istanze e trasmette le passioni e la musica gioca vari ruoli fino ad essere vera e propria protagonista in taluni passaggi.  

La somma di queste tre cose ci danno la sensazione che si stia facendo lì in quel luogo e in quel momento qualcosa che è stato fatto 100 anni fa. 

 Naturalmente io sono tutti i personaggi ma non sono veramente nessuno di loro. 

Attraverso umori e atteggiamenti incarno delle parole o dei sentimenti. È una cosa un po’ anomala che non succede né in teatro né al cinema. Sono tutti ma non posso diventare veramente nessuno e in pochi secondi devo cambiare spessore e misura. Un esercizio assai insolito insomma. 

 

Le musiche sono state create appositamente per il progetto? 

Le musiche sono state interamente realizzate per il film e passano dall’essere colonna sonora a effetti ambientali a veri e propri temi che ricorrono nei film.